Onorevoli Colleghi! - La legislazione in materia di armi, munizioni ed esplosivi, dopo l'emanazione della legge 18 aprile 1975, n. 110, che costituisce il provvedimento fondamentale in questo settore, è andata crescendo in modo disorganico e caotico, con l'affastellarsi di leggi, regolamenti e circolari che rendono pressoché impossibile ai cittadini orientarsi con un sufficiente grado di sicurezza in questo ambito.
Ciò è di estrema gravità, se pensiamo alle pesantissime sanzioni che ogni violazione della disciplina relativa all'acquisto, detenzione ed uso di armi comporta.
La legislazione italiana prevede una distinzione delle armi in varie categorie: da guerra, comuni, ad uso sportivo, da caccia, antiche, artistiche o rare.
Escluse le armi da guerra, tutte le altre debbono essere inserite nel Catalogo nazionale delle armi.
In generale, i criteri utilizzati per distinguere le diverse tipologie di arma sono assai discutibili dal punto di vista tecnico. L'unico criterio oggettivo, infatti, è quello previsto dall'articolo 1, secondo comma, della legge n. 110 del 1975, secondo il quale sono armi tipo guerra quelle predisposte al funzionamento automatico per l'esecuzione del tiro a raffica.
La categoria che in questa sede ci interessa è quella delle armi sportive, disciplinata dalla legge 25 marzo 1986, n. 85, con particolare riferimento alle armi corte (pistole semi-automatiche e revolver).
L'articolo 3 di tale legge prevede che «delle armi per uso sportivo è consentito il solo trasporto con apposita licenza annuale».
La giurisprudenza ha chiarito la differenza fra «porto» e «trasporto» d'armi: mentre il porto d'armi consiste nell'avere con sé l'arma pronta all'uso e quindi